Pietro Paolo Congiu

Nome della scuola: 
I.T.I.S. "Othoca"
Città: 
Oristano
Regione: 
Sardegna
Disciplina/e Insegnata: 
Sostegno
Descrivere la propria storia di educatore, di impegno, innovazione e determinazione legata al proprio contesto scolastico: : 
Nella mia vita sono sempre stato affascinato dalla professione dell'insegnante. Durante la scuola superiore ho avuto l'opportunità di far parte dell'associazione Gioventù Francescana, nella quale ho ricoperto il ruolo di animatore e responsabile. Queste attività mi hanno permesso di comprendere l'importanza della relazione e la capacità di accogliere ed educare le persone che mi erano affidate. Inoltre mi ha concesso di acquisire e sviluppare le competenze organizzative, grazie all'organizzazione tecnica delle attività: organizzare viaggi e pernottamento, organizzare le attività delle giornate, allestire le sale per convegni. Prima di entrare nell'insegnamento ho anche avuto la fortuna di frequentare il Tirocinio Formativo Attivo, che ha contribuito alla mia crescita personale e, sopratutto, professionale: mi ha permesso di essere più sicuro, di acquisire strumenti e metodologie didattiche, tecniche di gestione della classe e ho compreso che per educare bisogna dettare regole certe. L'educatore non è un amico, ma è quella persona che deve insegnare con fermezza e pazienza, non pretendendo che l'altro diventi migliore per sé stessi, rispettando i tempi di crescita e maturazione di ciascuno. La mia avventura come docente inizia il 7 marzo 2014. Ormai avevo le basi per poter partire e gestire le classi. Ho applicato dal primo giorno quanto avevo appreso nel tirocinio diretto e dai colleghi incontrati, ciò mi ha aiutato a gestire le classi e non essere sopraffatto dagli eventi. Lavorando nella scuola mi sono reso conto che era necessario rendere concreto lo slogan: "il successo formativo di tutti e di ciascuno". Ma la realtà non è così semplice, ricordo un'esperienza in una classe terza, del primo grado. Credo che sia stata la mia supplenza più difficile. La classe era veramente ingestibile. La loro aula aveva la maniglia della porta rotta, ma la cosa che mi aveva più colpito è che avevano preso a calci un muro fino a romperlo. Un giorno, mentre spiego la tecnica del graffito, con mio grande stupore, noto che la tecnica affascina tutta la classe. Così si decide di realizzare un graffito per recuperare il muro (vedi CV per dettagli), ma soprattutto i ragazzi/e. Ormai pensavo che con quella classe fosse tutto inutile, invece quell'opera ha cambiato la mia prospettiva. A volte pensiamo che non ci siano più soluzioni, ma non è così, devi continuare a crederci e provarci, prima o poi troverai lo strumento adatto. L'esperienza è stata un grande insegnamento: non perdere mai la speranza e cercare di essere coerente. Non è mai facile ed ogni realtà è diversa, ogni giorno è diverso ed ogni classe ha le sue caratteristiche, ma non devo arrendermi. Quanto detto, ma anche altre situazioni vissute, mi hanno convinto che la costruzione della relazione educativa è fondamentale, sopratutto come insegnante specializzato, ma non esiste la ricetta pronta per ogni situazione. In classe si è soli, anche se circondati da tante persone, è da soli dobbiamo costruire un clima positivo e costruttivo coinvolgendo le varie figure (personale ATA, docenti, dirigente, famiglie, ecc.). Nessuno può agire in classe al posto nostro, pertanto è inevitabile dover decidere durante la lezione e, in tali situazioni, si può entrare in crisi e sentirsi terribilmente solo di fronte alle proprie responsabilità. Ritengo che la "solitudine" sia inevitabile è diventa fondamentale affrontarla al meglio. Il primo elemento è riconoscerne l'esistenza; il secondo elemento e ricercare sempre e comunque il bene di chi si ha di fronte, non soluzioni comode o convenienti, ma quelle che si ritiene utili per l'altro; il terzo e ultimo elemento è il confronto con i colleghi, con il personale scolastico e con i genitori che possono aiutare a prendere le giuste decisioni. Solo condividendo riusciamo ad abbattere quella solitudine. Il confronto e il rapporto con i colleghi ci aiuta a dettare linee educative coerenti nelle nostre classi, migliorando il clima. Inoltre spesso si arriva a progettare percorsi impensabili da soli. Ricordo che qualche anno fa discutevamo con i colleghi sulla realizzazione di un'attività nuova e coinvolgente, cosi nacque la giornata di arte e musica (vedi CV per dettagli). La realizzazione fu molto faticosa ma, nonostante la fatica, spero di poterla riproporle in futuro. In quella occasione fu importante anche il contributo degli studenti. Ricordo che, all'inizio della mia carriera, uno studente mi mostro con una cattedrale romanica costruita su videogame. Fui molto stupito, lo studente era insufficiente su quella parte di programma ma era riuscito a replicare tutte le caratteristiche della costruzione su videogame e, soprattutto, sapeva descriverla. Mi chiesi cosa avessi sbagliato, quindi decisi di seguire la sue potenzialità: gli proposi di presentare il suo lavoro alla classe come recupero di quella parte. Quella particolare attività la riproposi nel corso degli anni, anche in forme diverse. In conclusione la mia storia mi insegna che ho ancora tanto da imparare e per farlo ho bisogno di formazione, colleghi, studenti, genitori, dirigenti, personale A.T.A., anche uno stipendio adeguato non guasterebbe.
Descrizione di come è stata affrontata l’emergenza da COVID-19 con i propri studenti:: 
La pandemia che ha investito le nostre vite ha costretto tutti ad una revisione delle relazioni e stili di vita, condizionati con forza da nuove regole sociali. Come docente, dopo un primo periodo di attesa e formazione, mi sono dovuto reinventare, potenziando i canali che normalmente non usavo come principali, ma che sono essenziali in questo tempo. Tale sistema ha permesso di trasferirmi con colleghi e studenti in un ambiente virtuale. Il primo periodo è stato difficile, gli studenti erano persi, ma anche noi in qualche modo eravamo persi. Successivamente è iniziata una relazione basata sul messaggio, sull'attenzione e sullo spronare alla partecipazione, col tempo l'ambiente virtuale ha quasi sostituito la nostra classe. Ma la realtà per i giovani adolescenti è importante. Quando siamo tornati in presenza ho notato nei miei alunni la gioia di esserci, il sarcasmo per allontanare la DDI, l'aumento di ansie e paure per un periodo difficile. Insieme ai colleghi e all'educatore abbiamo cercato di far vivere bene sia le attività in presenza che quelle a distanza. Alla fine dell'anno abbiamo voluto organizzare delle attività per discutere delle emozioni vissute, in particolare dell'ansia. Il periodo ci ha concesso di parlare di più, perché potevamo chattare e fare qualche video lezione per il recupero, ma la qualità del tempo insieme era differente, la qualità dell'apprendimento era differente. Sono convinto che questo tempo abbia fatto prendere maggiore consapevolezza a tutti sull'importanza della scuola, ma sopratutto dell'importanza delle relazioni educative di qualità per tutti gli attori del processo, siano essi docenti, genitori, educatori, dirigenti, personale ATA. Noi docenti abbiamo anche riflettuto sulla qualità della nostra didattica e scoperto o approfondito nuovi strumenti.
Descrivi la tua visione di educazione per il futuro: 
I recenti fatti di cronaca mostrano una scuola in difficoltà, una scuola che, forse, non riesce a prendersi cura della formazione ed educazione delle nuove generazioni. La tela di Munch intitolata "L'urlo" (1893) esprime in modo simbolico ciò che la scuola vive, poiché l'opera rappresenta una figura umana che emette un grido, simbolo di un sentimento di malessere, e due figure umane di spalle, simbolo dell'indifferenza alla sensazione di malessere del protagonista. L'urlo è un modo per esprimere la propria demoralizzazione, per sfogare le proprie paure, insicurezze, ma anche una difesa. Pertanto è importante dare ascolto a questo malessere. Alcune problematiche sono evidenti a tutti, ma alcune sono come degli "urli silenziosi": quelle situazioni in cui gli studenti non si sentono protagonisti, o all'altezza, dell'apprendimento e che potrebbero, pertanto, condurre ad un comportamento problema più o meno rilevante. Questa è la sfida educativa del futuro, tutto il resto sono solo strumenti, metodologie e procedure che devono essere migliorate e adattate alle esigenze di una scuola moderna. La sfida deve essere affrontata altrimenti ci ritroviamo degli studenti che si sentono esclusi e non accolti nello loro necessità, questo porterà a comportamenti problema più o meno rilevanti e, in ogni caso, all'insuccesso formativo dello studente. Credo che una prima chiave sia la relazione. L'ambiente e le metodologie sono importanti per la costruzione della lezione, ma prima di ciò nelle classi si costruiscono relazioni. I primi giorni di scuola sono importanti per stabilire un'adeguata relazione educativa, in questo tempo è fondamentale applicare tutti i principi pedagogici e didattici, poiché questi possono generare una relazione educativa positiva. Non si possono negare le difficoltà in cui versa la scuola nell'ultimo tempo, è sembra proprio che la relazione educativa costituisca una delle problematiche principali, ciò è stato messo in evidenza dalla didattica digitale integrata e dalla pandemia in generale. Il docente non dovrebbe essere lasciato solo, ma aiutato con il dialogo e la formazione, questo è un mestiere, non è volontariato. Credo sia importante rivalutare e puntare sulla figura del docente specializzato, poiché può essere quella figura sistemica (Gaspari, 2015, p. 94) che è la chiave di un processo formativo e inclusivo di successo per tutti e per ciascuno. Infatti, nella mia esperienza come docente specializzato, ho potuto sperimentare come sia importante avere qualcuno con cui discutere e confrontarti su una classe, alla ricerca dello strumento che porti al successo formativo degli studenti. Noi entriamo in classe e chiudiamo la porta, come se l'educazione e la formazione fossero un segreto, il tasso di fallimento è alto (pensiamo alle percentuali di abbandono scolastico), sembra quasi che abbiamo paura di scoprire che le nostre metodologie non funzionano. Se il futuro dell'educazione fosse una semplice rete di buone pratiche? Una rete di formazione permanente? Se ai docenti fosse riconosciuta la loro importanza? Concludendo, nonostante le varie incoerenze e mancanze, ho incontrato una scuola VIVA ricca di tante esperienze negative e positive, una scuola che deve essere aiutata a crescere. Bisogna soffermarsi, rimettere al centro gli studenti e trovare le soluzioni più vicine alle loro necessità di apprendimento. Non voglio avere delle ricette pronte ma vorrei conoscere ed avere a disposizione molti strumenti, come ci insegna l'Universal Design for Learning. Ricordo che nella mia prima lezione del TFA ci fu chiesto "Voi ricordate i nomi dei vostri insegnanti?". Mi rendo conto che nel bene o nel male lascerò un segno. Penso che devo essere un professionista formato e guidato, solo così potrò lasciare un segno positivo e un apprendimento duraturo, formando cittadini appassionati e, spero, migliori di me.