Mariangela Fiorenza

Nome della scuola: 
IIS FERMI
Città: 
POLICORO
Regione: 
BASILICATA
Disciplina/e Insegnata: 
ITALIANO, LATINO, GEOSTORIA
Descrivere la propria storia di educatore, di impegno, innovazione e determinazione legata al proprio contesto scolastico: : 
La scelta di voler diventare 'insegnante', così da 'lasciare un segno dentro' ai ragazzi che avrei incontrato, nasce al terzo anno di università, quando viene bandito 'l'ultimo concorso a cattedre' del millennio dopo un'attesa ciclopica. Se avessi voluto avere una chance, avrei dovuto fare quel concorso. Allora ho ristretto i tempi previsti per il conseguimento della laurea e ho giocato di anticipo e gran coraggio, per arrivare preparatissima e in tempo alla prova. Vinta, ma - essendo io giovanissima e con un solo titolo all'attivo - ho dovuto aspettare poi 4 anni per riscuotere il premio (la cattedra). Nel mentre, ho iniziato l'iter di messe a disposizione e supplenze brevi in giro per varie scuole d'Italia, e fin da subito è stato chiaro quanto mi piacesse interagire con i ragazzi e quanto poco mi garbasse l'organizzazione e i meccanismi del sistema-scuola. La sfida è stata sempre quella di stare nel sistema e provare a cambiarlo da dentro, nel mio piccolo quotidiano spazio. E così è accaduto che mentre insegnavo, imparavo; mentre sostenevo, venivo sostenuta, nutrita. In una relazione che - attraverso le prove e le dinamiche quotidiane e a lungo termine - diventa vita per tutte le componenti in gioco (insegnante, alunni, famiglie, Dirigente, colleghi, contesto...). Vita che chiede piccoli passi e grandi voli. Ad un certo punto, infatti, ho sentito che empatia, carisma e grande conoscenza delle discipline, non mi bastava più. Da una parte, bisognava allargare la cerchia di interazione e scambio; dall'altra, io ero ancora e sempre più assetata di nuovo sapere, curiosa e desiderosa di espandere la conoscenza dell'essere umano, nella sua complessità. Così mi sono messa al servizio di gruppi sempre più ampi con progetti extracurriculari aperti a tutta la popolazione scolastica (corsi monografici, laboratori di lettura e scrittura creativa...) e ho approfondito la formazione con una serie di corsi ministeriali e non (letteratura, dipendenze, le nuove tecnologie digitali, life skills...), con il conseguimento di un master triennale in arti-terapie e un percorso olistico. L'integrazione di questi stimoli plurali mi ha permesso di arricchire e trasformare l'insegnamento della letteratura, della lingua e della geostoria per andare in profondità e includere, collegare, rielaborare, interpretare in maniera sempre più completa i fatti e la proposta di apprendimento, come un cuore pulsante che sapeva creare un ritmo tra l'apertura e il raccoglimento, tra lo sguardo aperto e le radici. Le competenze acquisite mi hanno permesso anche di svolgere anche il ruolo di funzione strumentale Alunni ed essere il punto di riferimento di un'intera popolazione scolastica (circa 900 alunni e rispettive famiglie). Per quanto riguarda il contesto in cui mi trovo a operare, è spesso risultato elemento non 'facilitatore' del processo, sia per la difficoltà ad aprirsi all'innovazione di una proposta e di uno schema di interazione sia per l'indolenza che porta le categorie a proseguire lungo i percorsi tracciati, battuti e consolidati da secoli di prassi abituale, senza mai sentire il bisogno di cambiare strada, modo, mezzo, sguardo. Solo la dinamicità e l'apertura di alcuni Dirigenti e colleghi, e soprattutto l'apprezzamento dei ragazzi e delle famiglie che troppo spesso si sentono 'disarmate' davanti a situazioni che non sono in grado di gestire da sole (scarso interesse per lo studio, devianze, dipendenze, omosessualità, problemi psichici) hanno saputo convincermi che la strada battuta è quella più sicura, ma di certo occorre saper correre rischi (in primis quello educativo) per innovarsi.
Descrizione di come è stata affrontata l’emergenza da COVID-19 con i propri studenti:: 
Parto dal fatto che la pandemia ha dilatato e reso evidente un malessere psicologico ed emotivo latente, come individui e comunità scolastica, tenuto a bada nella fase precedente al suo dilagare, ma pur sempre in azione: adolescenti saturi di informazioni, conoscenze e competenze che però non vengono 'nutriti' (come richiede il senso etimologico del verbo latino 'adulesco', il solo modo per diventare 'adulti' per l'appunto) per stabilire prima di tutto una connessione autentica con se stessi, con gli altri, con la realtà. 'Analfabeti emotivi', 'generazione liquida', perlopiù abbandonati a sé da famiglie risucchiate dalla necessità di gestire e far funzionare al meglio i bisogni 'essenziali' (che troppo spesso riguardano solo la materialità del vivere quotidiano) e da docenti magari 'dotti', ma scarsamente empatici, a loro volta soffocati dalle necessità 'burocratiche' e cadenzate, da modalità ormai inadeguate alle necessità contingenti. Durante il primo lockdown, quando tutti siamo stati colti dallo spavento e dall'urgenza di affrontare un'emergenza che non solo ci coglieva impreparati sotto ogni punto di vista, ma che ci chiedeva di riorganizzare e reinventare un modo possibile e plausibile di fare scuola, abbiamo assistito alla paralisi di alcuni docenti che sono rimasti immobili nel loro vecchio status, mentre altri si davano da fare per riproporre 'a distanza' un modello di apprendimento puramente trasmissivo, che negava - di fatto - l'esigenza più che mai cogente di accorciare quel dover stare ' a distanza'. Guardare i ragazzi negli occhi e provare ad ascoltare il loro spavento, il loro essere disorientati e senza strumenti per leggere i fatti, le sensazioni, il dolore e l'impotenza, tutte le emozioni che quella situazione aveva fatto esplodere. La prima spinta, dunque, è stata quella di sintonizzarmi su quello che poteva essere lo smarrimento iniziale e far sentire loro che tutto quello che stava accadendo faceva tremare anche me, ma che c'ero, restavo comunque un punto di riferimento fermo a loro disposizione e che insieme avremmo trovato un modo per camminare. Per questo ho creato anche momenti extra-scolastici di incontro (se pur virtuale), ascolto, dialogo, confronto e condivisione di esperienze, vissuti e sentire, che non trovavano spazio nelle giornate paradossalmente troppo piene di connessioni, eppure vuote, prive della mancanza di una rielaborazione adeguata e sostenuta. In secondo luogo, mi veniva chiesto di rimodulare la programmazione iniziale: era più che evidente la necessità di rivedere non solo i tempi, quanto soprattutto i contenuti da proporre e le modalità di interazione: per i primi, mi è sembrato opportuno dare priorità a quelli più risonanti con l'esperienza presente, che potessero diventare occasione di riflessione e acquisizione di una consapevolezza nuova nella lettura degli eventi. Per quanto riguarda le modalità, ho preferito il dialogo guidato, il problem solving, brainstorming, affinché tutti si sentissero in qualche modo coinvolti e chiamati ad uscire - anche solo per un tempo breve - dall'isolamento e dal mutismo che sembrava piombarti addosso quando tutti i microfoni erano spenti e ti sembrava di parlare a vuoto. Inoltre, è diventata estremamente funzionale e benefica la possibilità di lavorare in peer to peer, con le sessioni interattiva a piccoli gruppi, con un tutor che metteva a disposizione del gruppo le competenze acquisite. Fondamentale è stata, poi, la possibilità di usare la poesia come strumento 'terapeutico', attraverso la quale connettersi col proprio sentire informe e caotico per provare, poi, a dargli una forma, un'espressione che potesse essere condivisa col gruppo, superando la sensazione alienante di essere monadi per creare, invece, comunità viva e partecipe. Alla fine di quest'anno scolastico è risultato evidente che anche questa situazione è stata un'occasione di presa di coscienza e trasformazione, dentro e fuori di sé.
Descrivi la tua visione di educazione per il futuro: 
Immagino una scuola attenta a fornire saperi, valori e strumenti adeguati ai tempi, per poter sostenere e favorire la sensazione di benessere fisico, mentale, emotivo e spirituale (laboratori di artiterapie, ascolto e counseling, meditazione e training autogeno, percorsi di consapevolezza e supporto allo sviluppo emotivo...); che sappia porre in essere attività inclusive, creative più che rigidamente trasmissive, 'terapeutiche' laddove ci siano insegnanti adeguatamente formati, che possano integrare e arricchire la didattica tradizionale; che sappia 'svecchiarsi', versatile e al passo con i bisogni delle nuove generazioni e dei tempi e mezzi nuovi di crescita, interazione e rielaborazione critica; che favorisca l'interazione, la cooperazione e la condivisione tanto quanto il lavoro individuale e autonomo.