Ho avuto la fortuna, penso, di avere cominciato il mio lavoro a scuola dopo avere fatto esperienze di altra natura che vanno dal volontariato nel mondo della “formazione morale e sportiva della gioventù” nel Centro Sportivo Italiano (CSI) di Genova, a quello della cultura, in particolare quella ludica, avendo fondato l’Ass.ne Genovese Giochi di Ruolo – Labyrinth quando avevo vent’anni ed essendo stato presidente della Fed.ne Naz.le Gioco Othello per quattro anni. Anche dal punto di vista lavorativo sono passato dal mondo della ricerca (con una breve ma significativa esperienza all’Istituto dei Circuiti Elettronici del CNR di Genova) a quello delle partita IVA per approdare all’insegnamento solo nella seconda metà dei miei trent’anni. L’ho fatto a seguito della formazione iniziale erogata dalla S.S.I.S. di Giunio Luzzatto a Genova, per un biennio, dove mi sono abilitato in matematica applicata, e specializzandomi sul sostegno alla Cà Foscari di Venezia subito dopo. Ho quindi potuto osservare il mondo della scuola per diversi anni da un punto di vista particolare, quello dell’insegnante di sostegno, che mi ha consentito di rilevare i tanti punti di forza degli insegnanti migliori, ma anche alcune cecità pedagogiche viste alla luce dell’esperienza fuori dalla scuola e con la lente di ingrandimento di una preparazione universitaria che ho raffinato nel tempo. Avere visto e vissuto quello che c’è fuori dalla scuola mi ha convinto dell’insensatezza di quella che io ho battezzato “didattica SSID” (Spiego, Studi, Interrogo e Dimentichi), portandomi verso le didattiche attive, esperienziali, mutue e solidali entro le quali ci sia autentica costruzione di significato e di competenze che si trasmettono perché vengono incarnate, non solo enunciate. Adagiandomi su un aforisma che ho visto attribuito a diversi giganti del passato, ho pensato che occorresse “accendere un fuoco, non travasare informazioni”. Nel mio passaggio da insegnante di sostegno a insegnante di posto comune e, infine, a quello di dirigente scolastico, mi sono pensato come “quello che dice sì” e stende tappeti rossi di fronte agli insegnanti innovatori, coltivando le piccole eccellenze di ciascuno. Sono passato dall’essere quell’insegnante al quale un preside disse: “Se intende lavorare nei corsi di recupero con la didattica peer to peer che non assicura professionalità nell’erogazione del servizio all’utenza, me lo faccia sapere, che la escludo dall’incarico” all’essere dirigente scolastico che dice: “non voglio disturbare nessuno perché ognuno cerca affannosamente la propria strada, ma favorirò con ogni mia forza chi vorrà intraprendere percorsi di innovazione che, peraltro, affondano le loro radici pedagogiche all’inizio del secolo scorso quando le Montessori e i Freinet già anticipavano ciò che le neuroscienze oggi validano con metodo scientifico”. Sono quindi intervenuto in diversi contesti, sia quelli organizzativi (ad esempio designando quali coordinatori di classe, ove possibile, gli insegnanti di sostegno ai quali occorre dare riconoscimento e ruolo) che quelli pedagogici, sostenendo i lavori della commissione PTOF, istituendo la funzione strumentale per l’inclusione scolastica, istituendo la Commissione Accoglienza a seguito dell’adesione ad una rete FAMI, istituendo commissioni che lavorano all’elaborazione dei progetti Erasmus+ e coinvolgendo il più alto numero possibile di persone nella progettazione dei PON, in particolare quelli estivi entro i quali abbiamo raccolto ventuno moduli per “Apprendimento e socialità” (finanziato per quasi 100.000 euro) e altri dieci sono stati inseriti nella proposta progettuale legata al “Contrasto alla povertà ed alla emergenza educativa” (finanziati per 40.000 euro, e dal titolo: “Sviluppo e potenziamento delle competenze tecniche, professionali e linguistiche attraverso attività laboratoriali”).
Sul fronte della valorizzazione di quelle che Dario Ianes ha chiamato “risorse latenti” ho pensato di valorizzare tra il personale della scuola con precedente specializzazione, quelli che desideravano incardinare il modello della “cattedra mista” ottenendo disponibilità insperate e riuscendo, in questo modo, anche a contenere qualche problematica di nomina ritardata. Ho studiato a fondo il D.Lgs. 66/2017 e ho costruito una determina che dovrebbe consentire di nominare velocemente gli insegnanti di sostegno nella scuola secondaria, confermandoli da un anno all’altro.
Nel contesto della scuola inclusiva vedo assai forte la necessità di collegare la scuola col territorio e in tal senso siamo un punto di riferimento sia per l’uso delle palestre assegnate alle società sportive, che dell’auditorium in Calata Darsena e l’aula magna a Camogli che vengono messe a disposizione delle associazioni che ne fanno richiesta. Queste risorse, peraltro, in diversi casi rappresentano una fonte di finanziamento della scuola che può arricchire la propria offerta formativa con “risorse proprie”. Una piccola cosa di cui sono orgoglioso è la messa a disposizione del nostro planetario agli appassionati e, tra questi, alcuni educatori che ne faranno uso con progetti estivi che coinvolgono utenze più giovani che, in questo modo, diventa una risorsa davvero pubblica.
Avendo insegnato all’Università di Genova nei corsi di specializzazione per il sostegno, sia in veste di supervisore di tirocinio che nei laboratori sulle TIC e in quelli sull’Orientamento e Progetto di Vita / Alternanza scuola-lavoro, ho osservato la mia scuola alla luce dell’ “Index per l’inclusione” e mi sono adoperato per rispondere in maniera positiva a quella che è una rilevazione attenta dei fatti, potati da inutili retoriche, spesso auto assolutorie. Questo lavoro è cominciato dal primo giorno del mio impegno di dirigente scolastico, entrato in servizio con l’ultimo concorso il 1° settembre 2019, non si è certo fermato durante la pandemia e non avrà tregua fino al giorno del mio pensionamento giacché, per cambiare le cose, penso che occorra un lavoro continuo, autentico, motivato, coinvolgente e scientifico. Dopo quasi due anni di lavoro, penso di cominciare ad essere capito dal Collegio dei Docenti.
Tengo a precisare di avere avuto l’onore di scrivere un contributo dal titolo “Chi ha paura della matematica” in un saggio curato da Tullio de Mauro e per onorarne la memoria ho scritto una circolare nella quale ho promosso questo premio tra gli insegnanti dell’I.T.T.L. Nautico San Giorgio di Genova e Camogli, esponendomi in questa sede anche per dare il mio contributo.